La ragazza aveva i capelli rossi, ma così rossi che sembrava una Ferrari. Stava in equilibrio su tacchi altissimi, così alla prima frenata inciampò e mi salì sul piede con tutto il suo peso. Accidenti, sembrava pure magra!
“Oh, mi scusi!” disse con aria poco convinta. Poi si accorse che ero un bambino e cambiò tono: “Scusami, sai, sono stata sbadata.”
“Anchio sono sbadato, ma non vado in giro a far guai.”
“Sei un bel tipo tu. O non lo sai come si trattano le signore?
“Tu non sei una signora. Sei una ragazzina.”
A questo punto lei mi guardò fisso con quei suoi occhioni verdi. Sembravano proprio quelli di un gatto: avrei dovuto capirlo subito che era una tipa pericolosa. Mi mise in un angolino e mi disse a bassa voce: “Vedi, io non sono una ragazzina. In realtà ho ottocentododici anni, e oggi è il mio compleanno. Sono una strega.”
“Piacere, Babbo Natale” dissi io.
“Lo so, nessuno ci crede, meglio così. Ma oggi ti voglio dare una piccola dimostrazione. Vediamo… qual è la prossima fermata?”
“Santa Maria Novella. Sale sempre un sacco di gente.”
“Ah, sì, davvero? Allora facciamo così: ti faccio vedere che oggi non salirà nessuno.”
Non aveva finito di dirlo, che il bus si fermò. Alla fermata cera tantissima gente ad aspettare. Quelli che erano sul bus scesero tutti, ma proprio tutti, e quelli a terra non salivano: era come se il 23 fosse diventato invisibile, e nessuno riuscisse più a vederlo. Quando ripartì, eravamo rimasti a bordo solo io e la ragazza dai capelli rossi. Mi venne un po di paura.
“Mi credi adesso?”
“Forse. Anzi, sì.”
“Allora, siccome oggi compio gli anni e mi sento buona, ti faccio un bel regalo. Scegli una cosa che vorresti, e io te la faccio avere.”
Mi vennero subito i lacrimoni agli occhi, perché in quel periodo la mia vita non era molto bella. Le raccontai tutto: “Io non voglio cose per me. Mamma e papà litigano sempre per soldi, e secondo me stanno per separarsi. Vorrei tanto farli andare d'accordo.”
Lei mi guardò come per prendermi in giro. “Oh, ma che bambino giudizioso. Però, vedi, io non sono brava a far avverare i desideri troppo seriosi. Io so fare solo le cose allegre, come prendere una vacanza, vincere un premio, far venire una giornata di sole…”
“Allora puoi farmi vincere un premio della lotteria?”
Lei ci pensò un poco su. “Sì, quello posso farlo. Non il primo premio, ma qualcosa ti posso far vincere. Posso darti il numero del biglietto, poi dovrai trovarlo tu.”
Mi prese il diario dallo zaino, e scrisse un numero sull’ultima pagina. “Vedi, questo biglietto è stato venduto dal tabaccaio vicino casa tua. Sai, quello proprio all’angolo…”
“Sì, sì, lo conosco.”
“Allora trova quel biglietto, e tienilo ben stretto. Buona fortuna.”
Il bus si fermò di nuovo, e la ragazza dai capelli rossi uscì in fretta. In un attimo, entrò una folla rumorosa, e tutti erano stupiti di trovare il bus vuoto allora di punta.
Recuperare il biglietto fu un lavoraccio. Alla fine però, con laiuto della mia maestra, organizzammo una pesca di beneficenza per la scuola e riuscimmo a convincere il maresciallo Tomini, vecchio carabiniere in pensione, a regalarci proprio quel biglietto fortunato.
Il giorno dell’anniversario di matrimonio di mamma e papà, puntualissimo, il biglietto fu fatto trovare sulla tovaglia con i nostri auguri. Papà non lo degnò di una occhiata, mamma disse “magari bastasse questo” e lo lasciò sul tavolo. Però, quando la domenica ci fu l’estrazione, controllarono il numero, e a momenti veniva un infarto a tutti e due.
Non era il primo premio, ma era abbastanza per fare tante cose: pagare i debiti, magari aprire quella bottega che avevano sempre desiderato, e forse anche smettere di litigare ogni giorno. Almeno così speravamo, io e mio fratello.
Era passato un mese quando rividi la strega, ancora alla fermata del 23. Si era vestita con un coso aderente che sembrava una ballerina della televisione, e stavolta i capelli erano biondi, ma io l’ho riconosciuta subito.
“Ciao, piccolo. Tutto bene?”
Ora, dovete sapere che quando mi chiamano “piccolo” io mi arrabbio da morire. Le lanciai un’occhiataccia, ma quella non se ne accorse nemmeno.
“Allora, ti è piaciuto il regalino che ti ho fatto? Ha risolto i tuoi problemi?”
“No. È stato quasi peggio” le dissi. “Papà si è giocato i soldi, mamma si è comprata un sacco di vestiti, adesso sono poveri come prima e litigano peggio di prima. Ero più contento se invece di farmi vincere la lotteria facevi vincere la Fiorentina domenica prossima.”
“Ah, ma questo non è un problema” disse lei. “Guarda che domenica la Fiorentina vincerà tre a due. Anzi, se puoi vai a Torino a vedere la partita: sarà bella.”
Detto questo, si girò e attraversò la strada. Appena mise il piede sull’asfalto, il semaforo diventò verde per lei, e rosso per le macchine. Un furgoncino che arrivava di corsa frenò di botto, e si sentì un gran rumore e un tirar di moccoli che sembrava di stare a San Frediano, perché la macchina dietro non aveva fatto mica in tempo a frenare. Ma lei già aveva attraversato la strada, e non si vedeva più.
Stavolta ne parlai con Lorenzo, mio fratello, e facemmo un piano di battaglia.
Prima cosa, non era mica vero che mamma aveva speso tutti i soldi della lotteria: un poco li teneva nascosti, e io sapevo dove. Poi Lorenzo si fece prestare i soldi da tutti i suoi amici, e dal padrone del locale dove lavorava la sera, che però ne aveva pochi, perché gli affari col locale andavano male, e lo voleva vendere. Insomma, mettemmo insieme un bel malloppo, e andammo da Gino, quello che chiamano “Euro” perché fa le scommesse clandestine.
Quell’anno la Fiorentina andava proprio male, e non vinceva in trasferta da una vita: contro il Torino la davano dodici a uno. Quando poi scommisi anche sul punteggio di tre a due, Gino mi alzò la quota fino a trentacinque a uno.
La partita fu bellissima: tirata fino all’ultimo, e al novantesimo erano ancora pari. Poi, in pieno recupero, un ragazzetto del vivaio che si chiamava Antonioni tirò dal limite dell’area e il mio cuore fece un salto: finì tre a due, come previsto.
Gino “Euro” pagò senza fare storie; Lorenzo comprò il locale, e ora è lui il padrone. Io abito con lui e mia sorella; adesso vado benissimo a scuola, e il pomeriggio gioco anche a basket, che è la mia grande passione.
Rivedo ogni tanto la strega, sempre sul bus 23, sempre allora di punta, ma faccio finta di non riconoscerla: magari quella mi vuol fare un altro regalino, ma ormai ho capito che certa gente è meglio evitarla.