Era lui, non c'era dubbio: gli stessi occhi azzurri, penetranti, sotto un caschetto biondo eredità di qualche bisnonno europeo, a incorniciare un volto dove si vedevano i segni di mille razze diverse. Perché veniva da Mendoza, Argentina, una terra dove si sono mescolati popoli e storie da tutti gli angoli del mondo per generare miti come il Boca Juniors, il River Plate, Lionel Messi e Maradona. Era come nella foto che mio nipote aveva in camera, anche se a guardarlo bene sembrava avere qualcosa di strano, forse perché non si muoveva come in televisione. Ma in televisione, si sa, nessuno si comporta in modo normale.
Era un grande onore che il Campione fosse venuto in paese, e nel nostro ristorante. Era lì perché il vecchio dottor Masini vendeva la sua Maserati d'epoca, un pezzo unico che aveva ereditato dal nonno e che non aveva mai voluto cedere nemmeno per cifre enormi. Ma per il Campione aveva cambiato idea, perché lui è simpatico a tutti: anche quando lo intervistano sembra quasi scusarsi di essere così bravo, e dà il merito dei suoi gol sempre ai compagni di squadra, come se lui non avesse fatto niente. E poi piace perché ama la nostra terra, dice che qui si sente a casa, e insomma quella Maserati se la meritava come nessun altro.
Io ero in cucina a preparare il baccalà ma sbirciavo in sala, e sentivo qualche spizzico della conversazione, mentre Enzo proponeva al tavolo un buon Pinot:
“Me gusta – no, mi piace, mi piace molto il vigno di questa tierra. Ma mi recomenda lei un vino, porque non conosco i nomi...”
Insomma, il suo Italiano non era granché, ma almeno si sforzava di farsi capire, e aiutava l'economia della regione consumando prodotti locali. Che cosa vuoi di più da un Campione che è già un mito, ha accettato di venire a giocare in una squadra di provincia e ci sta trascinando fino alle vette della Champions? Mi chinai sul baccalà per dare gli ultimi tocchi alla presentazione, perché una persona così meritava il meglio. Pensai che sarei andato a trovare il mio vecchio professore dell'istituto alberghiero, per raccontargli che avevo avuto l'onore di cucinare per il Campione. Molto meglio che guadagnare un sacco di soldi in qualche albergo di lusso a Dubai.
Il mio piatto era perfetto: giusto come cottura, profumo, presentazione e colori, faceva venire fame solo a guardarlo. Il Campione e la sua compagna, una bella ragazza bruna che non si vedeva mai in televisione o sui giornali, fecero onore alla ricetta e si sbafarono tutto con evidente gusto, come dei veri vicentini.
Dopo qualche minuto, mi chiamarono in sala per i complimenti. Devo dire che me l'aspettavo, e pensai subito che al mio vecchio professore avrei portato anche una mia foto con il Campione, da mettere ben in vista nella bacheca dell'istituto. Sono queste le soddisfazioni che contano nella vita.
E invece mi sbagliavo.
Incassai i complimenti con un sorriso, poi tornai in cucina, mi tolsi il grembiule e feci un paio di telefonate: per quel giorno non avevo più voglia di lavorare, mi sentivo troppo deluso.
Il giorno dopo il mio capo non ci voleva ancora credere:
“Ma come hai fatto a capire che non era lui?”
“Aveva qualcosa di strano in come si muoveva, nelle cose che diceva, e la ragazza mi sembrava una che non lo conosceva nemmeno, una che stava lì solo perché lui la pagava. E poi non poteva essere nato a Mendoza.”
“Perché?”
“Mendoza in Argentina è la terra del vino, è come essere nati qui. Non puoi essere di Mendoza e dire che il Pinot assomiglia al Tempranillo che fanno al tuo paese. Quello un bicchiere di Tempranillo non l'ha mai nemmeno annusato, infatti la polizia ha detto che è uno Svizzero, in Sudamerica non c'è mai stato. Ed è pure astemio.”
“Un truffatore professionista?”
“Sì, e c'era quasi riuscito. Il vecchio dottor Masini gli avrebbe dato le chiavi della Maserati stasera.”
“Deve ringraziare te.”
“No, deve ringraziare il Pinot, che si sposa alla perfezione con il baccalà alla vicentina. Mica come il Tempranillo!”